È cara la Lettura che la Liturgia propone quest’oggi, che riferisce quanto espone il governatore della Giudea Festo al re Agrippa II sul conto di san Paolo, che il suo predecessore aveva imprigionato (con libertà di movimento). Una grana ereditata, della quale non sa nulla e che deve dirimere, dato che, appena insediato, gli accusatori di Paolo si rifanno sotto per ottenere una condanna più pesante. Da qui il subitaneo processo del quale fa un breve resoconto al suo illustre ospite.
“Quelli che lo incolpavano gli si misero attorno, ma non portarono alcuna accusa di quei crimini che io immaginavo; avevano con lui alcune questioni relative alla loro religione e a un certo Gesù, morto, che Paolo sosteneva essere vivo”.
“Un certo Gesù, morto, che Paolo sosteneva essere vivo”… Il cristianesimo è tutto qua, e Festo, abile funzionario romano, dimostra di aver colto l’essenziale della testimonianza – termine anche giuridico – di Paolo: “Se Cristo non è risorto, vuota allora è la nostra predicazione, vuota anche la vostra fede” (I Corinti). Questo il mistero glorioso – così nel santo rosario – comunicato ai cristiani, in particolare attraverso i Sacramenti. Il mistero che può riempire il cuore, se e quando sgombro di riempitivi umani.
Luca Romano