Domenica la Chiesa ha invitato i fedeli a recitare la supplica della Madonna di Pompei. Ci è pervenuta un’omelia che don Giacomo Tantardini ebbe a tenere in una messa nella quale la liturgia riproponeva, secondo lo scadenzario proprio dell’Anno liturgico, il Vangelo e le letture di domenica scorsa. La pubblichiamo per tanti motivi, di stretta attualità.
Sabato 6 10 2007, Basilica di San Lorenzo
Ab 1, 2-3; 2,2-4 – 2Tm 1,6-8.13-14 – Lc 17,5-10
Quante volte la lettura che abbiamo ascoltato del profeta mi è stata vicina e ha confortato il mio cuore! Quante volte quelle parole sono immediatamente venute anche alle mie labbra: “E il Signore rispose e mi disse: scrivi la visione e incidila bene sulle tavolette perché la si legga speditamente. È una visione che attesta un tempo, parla di una scadenza e non mentisce. Se indugia attendila, perché certo verrà e non tarderà, ecco soccombe colui che non ha l’animo retto mentre il giusto vivrà per la sua fede”.
Come questa attesa non riguarda solo il manifestarsi finale del Signore, quando tutti lo riconosceranno. Non è solo l’attesa del suo manifestarsi glorioso, ma l’attesa del suo manifestarsi dentro la storia degli uomini, del suo manifestarsi nel miracolo della fede e nel miracolo della fede che compie i miracoli; come questa attesa rende la fede, la nostra povera fede, non per capacità nostra ma per grazia, così bella e così preziosa agli occhi del Signore!
Rende così bello questo custodire molte cose! Come mi è cara questa raccomandazione di Paolo in carcere al figlio prediletto, Timoteo, che ripete in tutte e due le lettere: “Custodisci il buon deposito con l’aiuto dello Spirito Santo che abita in noi”. Perché non siamo noi a custodire il deposito: se lo Spirito Santo, se la grazia, la Sua Grazia, non lo custodisce con noi e per noi, non è possibile custodirlo.
E così questa attesa – questa attesa del Signore, questa attesa che il Signore dona di vivere nella fede – come rende evidente che siamo inutili servi! Abbiamo fatto quanto dovevamo fare, siamo inutili servi. E così, dentro questa attesa che il Signore, a cui il Signore risponde, come è conforto la preghiera della liturgia di oggi, forse una delle preghiere più belle nella liturgia della Chiesa: “O Dio che esaudisci le preghiere del tuo popolo al di là di ogni desiderio e di ogni merito, – al di là di ogni desiderio e di ogni merito! -, effondi su di noi la tua misericordia – effondi su di noi la tua misericordia! – Tu che siedi alla destra del Padre abbi pietà di noi!”.
Lo pensavo prima, mentre cantavamo il Gloria, guardando il mosaico che si vede dal presbiterio con Gesù Cristo in trono: “Abbi pietà di noi, effondi su di noi la tua misericordia”. Effondi la tua misericordia su questa inutilità, su questo essere servi inutili, su questa inutilità amata…
Perché così, quando Tu effondi la tua misericordia, è più evidente che è Tua. Che è Tua! È più evidente che rispondi al di là di ogni desiderio e di ogni merito: “Effondi su di noi la tua misericordia, perdona ciò che la coscienza teme” – ma poi l’ultima invocazione è la più bella di tutte -, “E aggiungi – aggiungi Tu! -, ciò che la preghiera non osa sperare”. Aggiungi Tu ciò che la preghiera non osa sperare…
Domani è la festa della Madonna del Santo Rosario, lei che è la Regina delle Vittorie! Al termine della messa reciteremo la preghiera così semplice nella sua espressione di pietà popolare, la preghiera alla Madonna di Pompei, la Supplica alla Madonna di Pompei.
Così il Santo Rosario è la preghiera più evidente del servo inutile, dell’inutilità del nostro pur doveroso compiere i doveri del nostro stato. Abbiamo fatto quello che dovevamo fare, siamo servi inutili. È la preghiera in cui è più evidente che siamo chiamati a essere servi inutili, a essere piccoli piccoli, come un bambino appena nato. E nella preghiera incompiuta è evidente che è il Signore che aggiunge quello che non osiamo sperare.