Tempo di Quaresima accompagnato da certa inquietudine, che ha nome nuovo, coronavirus, ma ricorda cose antiche, anche se molto più gravi. Tra queste la peste fu flagello ricorrente e richiama alla memoria la figura di san Rocco, il santo pellegrino che il Signore scelse per dar conforto al suo popolo.
Se la sua fama percorse l’Europa, fu per la carità che testimoniò nella cura agli ammalati, tanto da finire contagiato anch’egli (ma il Signore lo guarì per proseguire l’opera). Ma anche, e soprattutto, per i miracoli che lo accompagnarono: dove egli arrivava, il flagello rifuggiva. Tanto che tante città e paesini lo hanno eletto a patrono e protettore.
Così in questi tempo di attesa e preghiera, di attesa della Pasqua del Signore, e di inquietudine, si può ricorrere a questo santo, per chiedere la sua dolce intercessione (vedi appendice a pié di pagina). La preghiera è tanto necessaria al cristiani ed è tanto di conforto al cuore, quanto troppo spesso obliata nella Chiesa e dai suoi pastori, troppo spesso dimentichi dell’essenziale, come capita di registrare con certo dolore anche in questi tempi.
Così, forse anche per questo, abbiamo pensato di pubblicizzare su Avvenire il libretto di preghiere “Chi prega si salva” (ogni domenica fino al 19 aprile). Forse può essere di qualche aiuto, nel nostro piccolo ovvio, a riscoprire tale essenziale e per ricordare l’importanza di ricorrere a Dio per ottenere le Sue grazie e i Suoi miracoli, parola quest’ultima che va conservata in questi tempi in cui la Chiesa sembra averne smarrito l’importanza e il senso. Sul tema, pubblichiamo un brano di don Giacomo.
Quando vado a celebrare la messa il sabato pomeriggio alla Basilica di san Lorenzo fuori le mura a Roma mi aspettano sempre quando arrivo due barboni – uno alto alto e l’altro piccoletto – perché siamo diventati amici e gli do sempre qualche soldo in elemosina. C’è proprio un’amicizia con questi due che mi vogliono bene. E l’altro sabato avevo detto, dopo aver dato l’elemosina: “Dovete dire un’Ave Maria perché ho bisogno di un miracolo, ho bisogno che la Madonna faccia un miracolo”.
Sabato scorso c’era soltanto il più piccoletto: gli do l’elemosina, lui mi guarda sorridente e mi dice: “Il miracolo è capitato?”. Io mi ero dimenticato di avere chiesto la preghiera per il miracolo e sul momento poi non mi ricordavo neppure che miracolo avevo chiesto e quindi gli ho detto: “No, prega ancora perché sta capitando”. Ma gli ho detto così più per invitarlo, per chiedergli ancora la carità di una preghiera. Ma quella domanda, con quello sguardo del povero, “ma il miracolo è capitato?” […] Péguy dice che il ricco fa i discorsi, il povero domanda. Così nella parabola del fariseo e del pubblicano è evidente. Il ricco – il ricco non solo di soldi –, il ricco fa i discorsi, e così il fariseo faceva i discorsi.
Il povero domanda soltanto. E il povero ha bisogno del miracolo, per cui non è importante neppure la sua domanda, è importante se il miracolo accade. E credo che quelli che seguivano Gesù e quelli che lo incontravano e la domanda che destava quando Lui passava, perché se non fosse passato i ciechi non avrebbero domandato… Quel povero mi ha dato l’immagine di quella domanda del miracolo e che l’importante era l’accadere del miracolo, non era neppure la sua domanda.
E così quel piccolo episodio mi ha come rischiarato sul momento che vive la Chiesa del Signore e sulla grande alternativa di questo momento. Perché l’alternativa è tra la Sua presenza, l’avvenimento che Gesù Cristo è, che si fa incontro, che si dimostra e si mostra nel suo farsi vicino – e quindi che si mostra e dimostra nel miracolo – oppure l’interpretazione religiosa o anche cristiana, anche con parole cristiane, di una vita in cui in fondo non capita nulla.
È evidente che la grande alternativa è tra l’avvenimento – ma l’avvenimento che si fa vicino, perché si vive dell’avvenimento quando accade l’avvenimento: “Le cose che accadevano mentre accadevano mi riempivano di stupore”, così Giussani nell’intervista quando ha compito 80 anni – tra l’avvenimento, il miracolo, il miracolo che è segno di Lui, di Lui presente, che è segno di Lui vivo, di Lui presente che agisce, oppure l’interpretazione.
[…] Così concludeva Giussani: “Per ogni giorno della vita nelle mani del popolo cristiano resta la scommessa del potere di Dio nel tempo”. Non “del potere di Dio”, ma “del potere di Dio nel tempo”. Nel tempo! […] Quel poveretto che mi ha chiesto “Ma è accaduto il miracolo?”, quel poveretto mi ha testimoniato questa frase di Giussani più di quanto io avessi mai potuto comprendere. “La scommessa del potere di Dio nel tempo e la preghiera alla Madonna che si realizzi in ogni circostanza”.
“La preghiera che si realizzi in ogni circostanza”: che si realizzi dipende da Lui. “È accaduto il miracolo…?” Che si realizzi dipende da Lui. Possiamo stendere la mano. È in questo stendere la mano c’è l’inizio del miracolo: questo stendere la mano è quel miracolo minimo che rende nel presente possibile la fede. Questo stendere la mano è quella minima grazia che il Signore ci dona. La nostra povera preghiera, il nostro ripetere, ripetere, cioè ridomandare, il nostro ripetere le formule della preghiera cristiana è quella minima grazia che rende possibile in questo momento – in ogni circostanza in cui la preghiera sboccia dal cuore -, che rende possibile la nostra fede.
Nota a margine. Quanti vorranno, potranno aiutare l’Associazione a sostenere le spese della pubblicità su Avvenire, anche con una donazione minima (questo l’Iban: 75Z0538503201000000011393; la donazione non è detraibile). Può essere, anche questo, un piccolo gesto di preghiera a Dio gradito.
Appendice
Tante le preghiere a san Rocco, alcune belle altre meno. Ne proponiamo una, che forse nella parte finale può apparire un po’ impegnativa, dato che ci è caro il cenno del “Dies Irae”: “Rex tremedae maiestatis qui salvandos salvas gratis” (Re tremendo in maestà, che salvando salvi gratis). Non perché si voglia invitare a eludere l’adesione a quanto Dio comanda, ma perché consci che ciò è dono di Dio; o per citare sant’Agostino: “Concedi ciò che comandi, e poi comanda ciò che vuoi” (“Da quod iubes et iube quod vis”).
A San Rocco
Ora che godete la divina beatitudine in Cielo, dove la vostra carità è anche più perfetta e più viva, abbiate pietà delle miserie nostre e proteggete quegli uomini medesimi che tanto amaste quaggiù nella vita. Guardateci – ve ne preghiamo – dal tremendo flagello che in altri tempi disertò le città e le campagne coprendo di cadaveri e di lutto le contrade d’Italia; tenete lontano ogni male dalle nostre case conservandoci immuni da ogni infermità che metta in pericolo la salute dell’anima e del corpo; liberateci dall’epidemia del malcostume e dell’immoralità che dilaga spaventosamente distruggendo i fiori divini dell’innocenza e della grazia; difendeteci dal contagio della colpa e dell’errore che, oscurando le intelligenze e inaridendo i cuori, uccide i germi santi della virtù e del bene; e fate – o glorioso Taumaturgo dell’umanità sofferente – che imitando la vostra ammirabile fortezza e vivendo fedeli alla cattolica dottrina possiamo meritare il favore dei vostri prodigi nelle nostre necessità e partecipare a quella gloria che ora godete in grembo dell’Eterno Amore. Così sia.
Pater, Ave, Gloria.