Il 25 luglio la Chiesa ricorda san Giacomo apostolo. Nell’occasione, pubblichiamo un testo di don Giacomo ripreso da 30Giorni dal titolo Resurrexit tertia die sicut apostoli suis etiam sensibus probaverunt («È risorto il terzo giorno, come gli apostoli, anche con i loro sensi, hanno verificato»). Una meditazione tenuta il Martedì Santo del 2000 nella Basilica di Sant’Antonio da Padova.
Il cristianesimo non è nato con una riflessione del pensiero; è nato col vedere e toccare un uomo che era morto realmente sulla croce il venerdì santo e quel mattino del primo giorno dopo il sabato è ritornato alla vita per la potenza dello Spirito del Signore, del suo Spirito. È nato così il cristianesimo, è nato da questa verifica dei sensi. Come diceva il nostro Paolo VI: se non è stato visto e toccato con i sensi c’è la gnosi, non c’è il cristianesimo. Il cristianesimo è nato da una cosa che hanno visto e hanno toccato, e solo perché l’hanno visto e toccato, per questo lo hanno seguito, per questo Pietro lo ha seguito con la semplicità del bambino, e per questo con la semplicità del bambino gli ha detto, quando dopo la resurrezione gli ha chiesto: «Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi tu bene?», Pietro come un bambino, come un respiro, gli ha detto: «Tu sai tutto, tu sai che ti voglio bene».
Se non fosse risorto, se non l’avessero visto e non l’avessero toccato… Altrimenti non c’è fede cristiana, c’è soltanto l’idealizzazione di alcuni particolari, c’è soltanto l’attaccamento triste e ultimamente violento ad un passato. L’hanno visto vivo. Così tutta quella storia, cominciata con quel primo incontro, è rinata perché l’hanno visto, non perché hanno idealizzato un passato: perché hanno visto e toccato Lui vincitore della morte.
[…] Un’ultima cosa volevo dire. E qui leggo il brano di Giussani del libro L’attrattiva Gesù che più mi è ritornato alla mente in questo tempo e che più descrive, suggerisce quello che ho tentato di dire. Come è possibile per noi, che non abbiamo avuto una grazia così grande come Antonio di prendere in braccio quel Bambino e guardare quel Bambino, di abbracciarlo e guardarlo, come è possibile per noi che, se siamo qui, l’anticipo inerme, fragile, ma l’anticipo di una felicità così l’abbiamo sperimentato, l’abbiamo sperimentato con quello che siamo, con gli occhi che si sono stupiti e con il cuore che si è commosso, come è possibile per noi? Dice Giussani: «Il tuo rapporto con Cristo non deve essere evoluto, scaltro, maturo, perché la tua personalità ne nasca [perché il tuo cuore sia commosso come era commosso il cuore di Antonio o come era commosso, con una commozione che nessuno potrà mai eguagliare, il cuore di quella ragazza ebrea che si chiama Maria e che gli ha dato carne e sangue.
Il tuo rapporto con Cristo non deve essere maturo perché il cuore sia commosso così… È quando il cuore si commuove che rinasce, altrimenti il cuore alla lunga diventa duro come pietra. Quando si commuove ritorna leggero, innocente come il cuore di un bambino] e la tua personalità da esso sappia creare compagnia [sappia voler bene all’uomo che incontri per caso, sappia voler bene alla persona che hai vicino, a tuo marito, a tua moglie, al figlio, sappia voler bene all’estraneo; e senza uno stupore così è come se, dopo un po’, tutti diventassero estranei]. Basta – come dire – la sorpresa che ebbero Giovanni e Andrea, che non capivano niente [è iniziato per uno sguardo ed è ri-iniziato quel mattino di Pasqua perché l’hanno visto. Non è iniziato con il pensiero il cristianesimo. Questo sguardo e questa commozione sono la cosa più ragionevole di questo mondo. È il pensiero più alto che l’uomo possa avere, questo sguardo e questa commozione da bambino]; basta la sorpresa, basta l’accenno di devozione, basta lo stupore.
Più precisamente: basta il chiederlo, basta quell’embrionale percezione di quel che Lui è che te lo fa chiedere, per cui lo chiedi». Come si fa a chiedere, coma fa l’uomo a chiederlo? C’è qualcosa che viene prima dello stesso chiederlo. Quell’embrionale percezione che è una cosa bella quella presenza umana che si chiama Gesù. Allora, se è una cosa bella, come i primi due che Lo hanno incontrato, la domandi. Come hanno fatto Giovanni e Andrea: «Maestro, dove rimani?». Sarebbe bello rimanere, sarebbe bello che quello che è capitato questo pomeriggio capitasse sempre, capitasse anche domani. Ecco, questa è la domanda. La domanda, la preghiera cristiana, è molto più un desiderare di rimanere di fronte alla Sua presenza, è molto più come quando la Madonna chiamava Gesù bambino che magari stava giocando sulla porta di casa, è molto più una familiarità così, ha molto di più la natura della voce della Madonna che chiama Gesù piccolo che tutta la preghiera religiosa del mondo. Basta quell’embrionale percezione di quel che Lui è che te lo fa chiedere, per cui lo chiedi.