Su richiesta, e come aiuto alla preghiera per questo Natale, pubblichiamo un’omelia di don Giacomo Tantardini tenuta in una messa celebrata nella chiesa di San Giovanni in Sinis (Cabras, provincia di Oristano), domenica 5 luglio del 2009.
Com’è bello il brano della seconda lettera ai Corinti di san Paolo che abbiamo ascoltato in questa messa, quando di fronte alla sua difficoltà, di fronte alla sua fragilità, l’apostolo chiede al Signore che sia liberato dalla sua debolezza, che sia liberato dalla sua tentazione. E Gesù gli risponde: «Ti basta la mia grazia». È sufficiente la grazia di Gesù; è sufficiente per vivere bene; è sufficiente perché il cuore sia contento.
«Ti basta la mia grazia»… «la mia grazia», cioè l’attrattiva di Gesù, cioè l’amicizia di Gesù, cioè la familiarità di Gesù. Basta la vicinanza di Gesù: come a un bambino piccolo piccolo al quale basta la vicinanza del papà e della mamma.
Basta la grazia di Gesù. Basta ed è necessaria perché «senza di me non potete far niente». Senza Gesù non possiamo fare niente per raggiungere il Paradiso, cioè per raggiungere la felicità. «Senza di me non potete far niente». Non ha detto: «Potete fare poco». Non ha detto: «Potete fare qualcosa». Ha detto: «Senza di me non potete fare niente».
Quella sera, il Giovedì Santo, guardando i suoi discepoli, guardando quei dodici che Lui aveva scelto – e uno di loro era Giuda che di lì a poco lo avrebbe tradito -, guardando loro, guardando Pietro, Giacomo e Giovanni, ha detto questa frase che forse è la frase più bella che Gesù ha detto: «Voi senza di me non potete far niente».
Come quando un papà e una mamma guardano il loro bambino piccolo piccolo e si accorgono che non può fare niente, che aspetta soltanto di essere amato, che aspetta soltanto che qualcuno gli voglia veramente bene.
«Voi senza di me non potete far niente». Questa è la vita, questa è la fortuna, questa è la grazia, questa è la vita del cristiano: che senza Gesù non può fare niente.
Basta la sua grazia. Basta Gesù per vivere bene; basta Gesù per essere contenti. E allora quello che può fare il cristiano è alzare gli occhi verso il Signore, come recita il salmo.
Quando un bambino non può fare niente, che cosa può fare? Può guardare il papà e la mamma e mettersi a piangere perché qualcuno gli voglia bene, perché gli vengano in aiuto.
Così: “Alzo gli occhi verso il Signore”. Questo alzare gli occhi, questo domandare, domandare l’aiuto, la grazia del Signore… “Alzo gli occhi verso il Signore”. Il santo curato d’Ars – sono centocinquant’anni dalla morte del santo curato d’Ars – dice, in una delle sue frasi più belle, che l’umiltà è il modo migliore di amare Dio.
L’umiltà vuol dire che noi non possiamo fare niente e che possiamo domandare tutto al Signore. Alzare gli occhi verso il Signore… Alzare gli occhi e stendere la mano è il modo più semplice per amare il Signore. È il modo direi unico, che noi abbiamo per amare il Signore.
Per amare il Signore domandiamo di essere voluti bene da Lui. Quando un bambino piccolo guarda il papà e la mamma e chiede col suo sguardo di essere voluto bene è il modo più bello che ha per volere bene al papà e alla mamma.
Così anche noi per voler bene al Signore alziamo gli occhi verso di Lui e ci mettiamo in ginocchio. Come è importante anche mettersi in ginocchio, com’è importante per esempio confessarsi, confessarsi bene, che è un modo per dire che non possiamo fare niente da noi. Da noi possiamo fare i peccati. Da noi, senza Gesù, possiamo fare i peccati. Ma le cose buone, la vita buona, ce la dona solo il Signore.
Noi, senza di Lui, non possiamo fare niente. Questa umiltà, questa preghiera, questo alzare gli occhi verso di Lui è il modo che abbiamo per commuovere il cuore di Gesù.