“Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione”. Così Gesù ai suoi, come riporta il Vangelo di Luca, frase che viene recitata come antifona del Benedictus delle lodi del Giovedì santo. Pubblichiamo un’omelia di don Giacomo Tantardini, tenuta in occasione della Messa in Cena Domini del 20 marzo 2008.
La sera del giovedì santo, mentre era a cena con loro per celebrare la Pasqua del suo popolo, guardando i suoi, i suoi a cui aveva voluto così bene e per i quali stava per dare tutto, tutto quello che aveva, la sua vita… guardando i suoi, come gli è stato evidente che loro, senza di Lui, non potevano far niente. Tant’è vero che glielo dice: «Voi, senza di me, non potete fare nulla».
Questa credo che sia l’affermazione di Gesù, in quella cena, l’affermazione in cui il suo cuore, in cui il suo amore verso i suoi, quelli che lui aveva scelto – “non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi” – la sua tenerezza verso i suoi, si esprime al vertice: “Voi senza di me non potete fare nulla”.
E allora gli è stato evidente che loro – cioè noi – avevano bisogno di Lui. Avevano bisogno di Lui sempre, di Lui in ogni istante della loro vita. Allora gli è stato evidente che Lui era necessario – forse come mai gli era stato evidente, perché, nella sua umanità, anche Gesù imparava dall’esperienza –; che a quei poveretti che erano seduti a cena con Lui, Lui era necessario.
Cristo ci è necessario. Senza di Lui non si può far nulla, senza di Lui non si può vivere. Così Paolo VI: «Cristo ci è necessario, senza di Lui non si può fare». Come è bella questa espressione: “non si può fare”… Senza di Lui, se Lui non si fa vicino, se Lui non abbraccia il nostro povero cuore, non si agisce.
Dice sant’Agostino: “Non agitur, non suscipitur, non bene vivimus“, non si può agire, non si porta il peso della nostra vita, il povero peso della nostra persona non si riesce a portarlo, non si vive bene. Così gli è stato evidente che è necessario, che Lui, Gesù Cristo, è necessario per la vita.
E così questa necessità diventa sacramento nell’Eucaristia. Ma era necessario non solo perché lo riconoscessero nella sua eterna divinità… Era necessario con la sua vita, era necessario con la sua anima di uomo, era necessario con il suo corpo e con il suo sangue, era necessario Lui nella sua umanità, come aveva parlato loro in quei tre anni di vita, come aveva loro voluto bene con il suo cuore di carne… era necessario con il suo corpo e il suo sangue, con il corpo e il sangue che gli aveva dato Maria.
Era necessario a loro nella sua umanità. Ci è necessario, per vivere, nella sua umanità. Ci è necessario per portare il peso della nostra vita. Nella sua umanità, ci è necessario per sperare. E così è rimasto presente, presente, come dice il Catechismo, nella sua divinità, ma anche nella sua anima, nel suo corpo e nel suo sangue. Presente come Dio e come uomo.
Cosa sarebbe il gesto di questa sera e cosa sarebbe ogni liturgia della Sua Chiesa, cosa sarebbe ogni eucaristia se non fosse risorto nel suo corpo, se non fosse vivo, se non avesse vinto la morte nel suo corpo, se non fosse risorto nella sua carne, nella carne e nel sangue che gli ha dato sua madre Maria?
Sarebbe stato, anche quello di questa sera, soltanto un rito e il ricordo di un morto, se qui non ci fosse Lui. Se Lui, vivo, vivo nel suo corpo, non si facesse presente nel segno del pane e del vino. Se non fosse vivo.
Per questo questa sera chiediamo che la sua presenza si mostri e si dimostri; che si mostri a noi vicino, che si dimostri la sua realtà vivente, che si dimostri che è necessario. Perché se Lui non si mostra, se Lui non agisce, se Lui non opera, non possiamo vivere… se Lui non agisce come ogni persona viva.
Ci si accorge che è vivo perché agisce. Se Lui non agisce, se non opera, se Lui non si dimostra vivo, non possiamo vivere. Gesù Cristo ci è necessario. Tu ci sei necessario: mostrati, mostrati a noi come ti sei mostrato ai tuoi. Fatti vicino a noi, mostra, dimostra che Tu sei il Signore.
Ps. In questi giorni di Quaresima il Signore ha chiamato a sé un parente di Giacomo, Giorgio, e una delle sue più care amiche, Pina. Tempo di preghiera, la Quaresima, più di altri. E di attesa della Pasqua del Signore, cioè del Paradiso, che in quel giorno, dopo il Suo trionfo, ha aperto le porte a tutti noi, poveri peccatori amati dal Signore.