In una biografia di don Bosco a cura di don Lemoyne, la memoria di un miracolo del giorno dell’Assunzione della Beata Vergine Maria in cielo, raccontata da don Marchisio, viceparroco di Montemagno (Asti), che aveva invitato il santo a predicare in un’estate infuocata che minacciava di incenerire tutto il raccolto.
Invano si erano elevate preghiere, pubbliche e private per la pioggia. Da qui ‘invito al sant’uomo, per cercare ausilio e conforto. Giunto nel paese, don Bosco disse ai paesani riuniti che se nei tre giorni precedenti la Solennità si fossero confessati e avessero ricevuto tutti l’eucaristia nel giorno dell’Assunta, “vi prometto, in nome della Madonna, che una pioggia abbondante verrà a rinfrescare le vostre campagne”.
Finito di parlare, il parroco si fece vicino euforico: “Ma bravo, ma bene; ci vuole il suo coraggio”. “Quale coraggio?”, rispose. “Il coraggio di annunciare al pubblico che la pioggia infallibilmente cadrà il giorno della festa”. “Io ho detto questo?” la risposta stupita di don Bosco, che era convinto di aver fatto solo un’esortazione, nulla ricordando della promessa, che invece gli riferì puntualmente il parroco: “Ha detto queste precise parole: ‘In nome di Maria santissima. vi prometto che se voi tutti farete una buona confessione, avrete la pioggia’”.
Don Bosco era stupito. No, niente affatto, aveva frainteso. “Mi rifiuto di crederlo”, aveva aggiunto categorico. Tanto che per convincerlo che aveva detto proprio quelle parole, il parroco lo invitò a interrogare i presenti, i quali avevano inteso tutti la stessa solenne promessa.
Così i tre giorni passarono in quella fiduciosa attesa e in quell’umile riconciliazione col Signore. “Non bastavano i confessori ai penitenti”, annota il biografo.
Come sempre accade, la cosa suscitò anche reazioni di segno opposto. A Grana, paese vicino, non mancarono lazzi contro don Bosco e la sua promessa. Anzi, nella convinzione di una cocente sconfessione, per il 15 agosto fu anche istituita una gara di ballo per festeggiare la beffa del santo e dei creduloni del paese vicino.
Scacco che sembrava inevitabile, dato che “in quei tre giorni il cielo fu sempre infuocato”. E col passare del tempo e il perdurare dell’arsura, la preoccupazione: “E la pioggia?” chiedevano al santo. “Togliete il peccato”, la secca risposta.
Così si arrivò a quel 15 agosto, lunedì nel calendario. Cielo di piombo fuso, come i precedenti. Per tutto il giorno. A Grana si festeggiava con le danze annunciate e a Montemagno iniziò l’inevitabile mormorare di alcuni.
Campane dei Vespri. Don Bosco in ansia affacciato alla finestra a guardare quel cielo che restava muto alle preci. Quindi il racconto di Luigi La Porta uno dei testimoni, che con un marchese si era recato alla chiesa parrocchiale. Giunti in sacrestia, dopo la fine dei Vespri, l’amara constatazione del marchese: “‘Questa volta, signor don Bosco, farà fiasco. Ha promesso la pioggia, ma qui c’è tutt’altro che pioggia”.
Don Bosco era evidentemente toccato. Aveva anche preparato parole di circostanza, in caso del fiasco. Tanto in ansia che invia il sacrestano di vedetta, su un punto più alto, alla ricerca di qualche segno dal cielo.
Passa il tempo e il sacrestano torna con un verdetto niente affatto promettente: cielo “limpido come uno specchio; appena una piccola nuvoletta, quasi come l’orma di una scarpa, verso Biella”.
Don Bosco deve essersi però interrogato su quella nuvoletta, che rimandava alla nuvoletta del Monte Carmelo, quella che aveva posto fine alla siccità rispondendo alle preghiere di Elia in lotta coi sacerdoti di Baal. Così chiese subito una stola e andò in chiesa. Intonò il Magnificat, poi prese a salire le scale che portavano al pulpito.
Ascesa incerta e certo pesante. Non è in gioco il mio onore, pensava rivolto alla Madre del suo Signore, ma il Tuo, ben più importante. “Che cosa diranno gli schernitori del vostro nome, se vedranno deluse le speranze di questi cristiani che hanno fatto del loro meglio per piacere a voi?”
Racconta il biografo: “Don Bosco si affacciò dal pulpito. Una moltitudine fitta che occupava ogni angolo della chiesa aveva gli occhi fissi sopra di lui. Detta l’Ave Maria gli sembrò che la luce del sole si fosse leggermente oscurata. Incominciò l’esordio ma, detti pochi periodi, si udì prolungato il rumore del tuono. Un mormorio di gioia corre per tutta la chiesa. Don Bosco sospese per un istante, in preda alla più viva emozione. I tuoni si succedevano e una pioggia a dirotto batteva sulle invetriate”.
Non solo l’Ave Maria, inni di ringraziamento alla pioggia salutare. Piangeva don Bosco, piangevano tutti, racconta il biografo. E tutti riconobbero il miracolo, sottolinea, e ne ringraziarono Maria santissima. Per inciso piovve solo a Montemagno, tutto intorno era arsura. Tranne che a Grana, dove una terribile grandine rovinò i raccolti..
Se raccontiamo questo aneddoto, che ricorda tanto la neve d’agosto che cadde a Roma secoli prima a indicare il luogo sul quale edificare la basilica da dedicare alla Madonna (e fu Santa Maria Maggiore), non è per nostalgia di tempi passati, quanto per rammentare l’importanza dei sacramenti, modo ordinario col quale il Signore si rapporta ai suoi, e i miracoli – anche i più banali come quello di questa pioggia -, modo straordinario con cui Egli ne ha cura.
E per rammentare che il giorno dell’Assunzione della Beata Vergine Maria in cielo in anima e corpo è giorno utile per chiedere questi ultimi, come recita un antico detto popolare che rimanda ai cieli aperti per accogliere la madre del Signore.
Luca Romano