Pubblichiamo un’omelia di don Giacomo 21 maggio 2011, V domenica di Pasqua,
Sono di conforto le parole di questo Vangelo che ricorda quello che Gesù ha detto ai suoi la sera del Giovedì Santo, prima della sua passione, a coloro che Lui aveva scelto nel mondo, a coloro cui stava donando sé stesso: “Avendo amato i suoi. [..] li amò fino alla fine”.
In quel “suoi” ha espresso tutto il suo cuore. “Non sia turbato il vostro cuore, abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me”. E poi, l’ultima parola di questo Vangelo: “In verità, In verità io vi dico: anche chi crede in me, compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre”.
Tutta questa promessa è fondata sulle ultime parole: “Perché io vado al Padre”. Perché adesso Gesù prega il Padre per noi. Non per la nostra capacità, non per una nostra volontà possiamo compiere opere più grandi, ma perché Lui va dal Padre, Lui sta davanti al Padre e prega per noi.
Tutta la nostra preghiera è la preghiera di Gesù. Tutta la consistenza della nostra preghiera è la preghiera di Gesù. Per questo i sacramenti sono la preghiera più semplice, la preghiera più efficace, la preghiera che non è nostra perché è di Gesù. È Lui che celebra l’Eucaristia, è Lui che perdona, è Lui che battezza… è la sua preghiera, è Lui che domanda, che domanda per noi.
Eppure la preghiera è così nostra… perché quando un bambino è piccolo piccolo non sa neppure domandare, domanda soltanto con la sua presenza. Così sono i sacramenti: e Gesù che prega; è Lui che domanda, è Lui che agisce. E quello che noi possiamo fare è semplicemente, con la nostra presenza, stare a guardare Gesù che prega per noi.