Pubblichiamo un’omelia di don Giacomo Tantardini del 6 novembre 2010
In queste ultime domeniche dell’anno della Chiesa, in queste ultime tre domeniche – come anche all’inizio dell’Avvento, all’inizio del nuovo anno, nel tempo dell’Avvento – siamo invitati a guardare a quelli che il catechismo chiama i “Quattro Novissimi”. Per “Novissimi” si intende le cose ultime, le cose definitive: morte, giudizio, Inferno e Paradiso.
Queste sono le cose definitive: la morte e il giudizio personale, poi l’Inferno, l’infelicità eterna, e il Paradiso, la beatitudine eterna. I Novissimi della Chiesa non sono solo le cose definitive per ciascuno di noi, richiamano anche il ritorno di Gesù, il Suo ritorno dopo questo tempo breve.
Così per Novissimi si intende anche la risurrezione della carne, e i Novissimi abbracciano anche questo tempo breve. Tant’è vero che Paolo, nella “Lettera agli Ebrei”, dice che questi tempi sono gli ultimi. Questo tempo nel quale ha parlato a noi per mezzo del Figlio, anche questo tempo, questo tempo breve che dall’ascensione al cielo del Signore termina con il suo ritorno glorioso, anche questo tempo breve è un tempo ultimo.
Viene in mente la parabola di Gesù: “Voi sapete riconoscere il tempo, quando viene lo scirocco voi dite: ‘Ci sarò caldo’; e quando la sera, come questa sera, vedete il cielo rosso, dite: ‘Domani sarà bel tempo’. Voi che capite queste cose, perché non sapete riconoscere il tempo in cui viviamo?” (Mt 16, 2-4).
Quante volte viene in mente questo, anche tra noi.. Quante volte viene in mente di dire questa frase di Gesù, questa domanda di Gesù: perché non sapete riconoscere il tempo in cui viviamo?
Questo tempo breve, questo tempo che, come ha detto Benedetto XVI il 10 ottobre parlando a braccio al sinodo delle Chiese del Medio Oriente, è descritto nel capitolo dodicesimo dell’Apocalisse di Giovanni.
Non si può non tenere presente che questo tempo è definito dallo scatenarsi del diavolo. Scatenato perché ha poco tempo, perché è stato sconfitto, è stato ferito a morte. Ma, proprio perché è stato colpito a morte, si accanisce con più odio contro Colui che lo ha sconfitto e contro coloro che custodiscono i suoi comandamenti e custodiscono la sua testimonianza.
Allora, diceva il Papa, in questo scatenarsi delle potenze sconfitte – sconfitte, ma non definitivamente, e quindi ci odiano di più proprio perché sono state sconfitte, proprio perché sono state ferite a morte -, in questo scatenarsi delle potenze, e di una potenza, la potenza del diavolo, il Papa ha detto che occorre tener presente che si tratta una potenza anonima. Come è realistica questa constatazione: è una potenza, sono potenze anonime…
In quell’intervento il Papa ha ricordato quanto descritto nell’Apocalisse: allora il drago rosso – questo grande drago rosso scatenato dopo che il Signore è salito al cielo – vomita verso una donna, la donna che è la madre di Gesù, che è Maria ed è la sua Chiesa. Vomita contro la donna, vomita un fiume che vuole inghiottire la donna, perché la donna anneghi in quest’acqua. E allora la terra viene in aiuto della donna.
Cosa vuol dire che la terra viene in aiuto della donna, in questo tempo dei novissimi, in questo tempo ultimo? E la terra, continua l’Apocalisse, apre la sua bocca e così il fiume, invece che investire la donna, entra nella terra. E così la donna è salva, Maria e suo Figlio, suo Figlio, sono salvi.
Ieri sera, dicendo il Rosario, mi sono venute in mente le parole di Gesù: “Coloro che fanno la volontà di Dio sono per me fratello, sorella e madre” (Mt 12, 49-50). È madre di Cristo chi per sua grazia fa la sua volontà. Così Maria e il Figlio, il Figlio di Dio sono salvati da questa onda tempestosa.
E allora il drago si scatena contro i figli, i figli della donna, contro coloro che osservano i comandamenti; dei poveri peccatori che per grazia conservano i suoi comandamenti, che per grazia custodiscono la sua testimonianza.
Questo è il tempo che stiamo vivendo, questo è il tempo che, come previsto nell’Apocalisse, stiamo vivendo. Un tempo breve per ciascuno di noi, breve per tutta la storia del mondo. Questo è il tempo che si vive, come dice Paolo nella lettera stupenda che abbiamo ascoltato, nell’amore di Dio, nel suo amore, nella carità che è da Dio e nella tenerezza di Gesù Cristo.
Concludo richiamando le ultime parole pubbliche di Giussani, scritte in occasione del quarto centenario della canonizzazione di san Carlo Borromeo, in una lettera indirizzata all’arcivescovo di Milano. Queste le ultime parole che Giussani ha detto nel Natale prima di morire: così avviene la scommessa, la scommessa sul Signore Gesù… In questo tempo, in questo tempo in cui viviamo nell’amore di Dio e nella pazienza di Cristo, avviene la scommessa sul fatto che il Signore, che ha vinto, possa dare testimonianza, non solo quando ritornerà – quando lo vedranno tutti e tutti lo riconosceranno -, ma anche in questo tempo brevissimo, possa Lui dare testimonianza del suo potere.