La Congregazione per il clero ha pubblicato un documento che vuol essere una sorta di promemoria per parroci, parrocchie e parrocchiani. Testo ponderoso, 124 punti, a ognuno dei quali è dedicata una riflessione più o meno approfondita, con cenni anche di interesse, ma che non leggerà nessuno se non (forse) qualche addetto ai lavori. Segno dei tempi, uno dei tanti, di una Chiesa sempre più incapace di parlare ai fedeli e al mondo.
Ma al di là, segnaliamo un cenno al punto 23: “Come ha ricordato Papa Francesco, occorre «richiamare l’attenzione su due falsificazioni della santità che potrebbero farci sbagliare strada: lo gnosticismo e il pelagianesimo. Sono due eresie sorte nei primi secoli cristiani, ma che continuano ad avere un’allarmante attualità». Nel caso dello gnosticismo, si tratta di una fede astratta, solo intellettuale, fatta di conoscenze che restano lontane dalla vita, mentre il pelagianesimo induce l’uomo a contare unicamente sulle proprie forze, ignorando l’azione dello Spirito” Santo.
Allarmante attualità – la sottolineatura è nostra – perché si tratta di un fenomeno dilagante tra fedeli e pastori. Se riprendiamo tale punto, sul quale magari si tornerà, è per una citazione di sant’Ignazio di Loyola, di cui oggi la Chiesa fa felice memoria, che tanto spesso si ritrova negli scritti e nei discorsi di tanti cattolici (anche in una fiction di successo), riferita così: «Fai come se tutto dipendesse da te, vivi come su tutto dipendesse da Dio» (con varianti). Il secondo condizionale rende del tutto aleatoria la dipendenza da Dio, di fatto affidando tutto all’impegno dell’uomo (peraltro Gesù nel Vangelo non dice “fate come se tutto dipendesse da me”, ma “senza di me non potete far nulla”).
In realtà, sant’Ignazio non ha mai formulato quella frase, che invece è questa: «Agisci come se tutto dipendesse da te, sapendo poi che in realtà tutto dipende da Dio» (cfr Pedro de Ribadeneira, Vita di S. Ignazio di Loyola, Milano 1998), parole che evidenziano come tutto nostro impegno è “vanità di vanità” senza la grazia di Dio.
Abbiamo voluto mettere come immagine a questa nota la Cappella della Visione di Roma, località La Storta, dove Sant’Ignazio ebbe la visione che lo confermò nell’idea di dar vita alla Compagnia dei Gesù. Già convertito al cristianesimo e già operoso nella grazia, era venuto nella città eterna con due compagni per dare forma più compiuta alla sua missione.
Mentre sostava in preghiera in questa cappella ebbe la visione di Gesù, carico della croce, accanto al Padre. Nella visione, il Padre ebbe a dire al Figlio «Voglio che Tu prenda quest’uomo come tuo servitore». E Gesù a Ignazio: «Voglio che tu ci serva». Quella dei gesuiti è storia nota, con qualche cenno meraviglioso, basti pensare alle meraviglie che il Signore compì attraverso Francesco Saverio, il prediletto di Ignazio, in Oriente. E anche di piccoli, dimenticati, cenni divini, come questa cappella alla periferia della città eterna, ignota ai più.